Nella “Iuvenescit Ecclesia” documento della Congregazione della Dottrina della Fede emanato su mandato del Papa, si parla molto di carismi, nervo scoperto del nostro cammino carismatico.

È bene che sia stata rilanciata così la “teologia” dei carismi che certamente è (sarà?) ancora la cenerentola nei seminari e nelle facoltà teologiche dove si preparano Sacerdoti e laici.

Occorre una nuova “cultura della Pentecoste”.

È urgente per riconoscere e valorizzare i numerosi carismi che lo Spirito Santo suscita.

Possono essere una grande risorsa per il rinnovamento della Chiesa e per una pastorale nuova in una Chiesa missionaria.

San Giovanni Paolo II considerava i movimenti e le nuove Comunità una risposta provvidenziale dello Spirito Santo ai bisogni della Chiesa oggi.

Papa Francesco propone soprattutto una visione armonica e riconciliata del loro esistere ed operare nella Chiesa.

La Chiesa langue e attende questo soccorso prezioso.

Ma sono aperti i cuori per accoglierlo?

E noi siamo pronti ad entrare con umile “parresia” (coraggio) in questo campo di evangelizzazione?

Il Papa chiede una feconda e preziosa relazione tra tutti, al di sopra di ogni orgoglio autoreferenziale e di ogni distinzione esasperante.

Ogni carisma è essenziale all’altro, lo integra, lo completa, lo abbellisce, lo impreziosisce.

I ministri ordinati sono invitati a non rifiutare la partecipazione alla vita di una realtà carismatica.

E i laici a entrare in collaborazione “simpatica”, sotto la regia dello Spirito Santo.

Ci consegna questo pensiero Paolo VI:

«Se vogliamo bene alla Chiesa, la cosa principale che dobbiamo fare è favorire in essa l’effusione del divino Paraclito, lo Spirito Santo … Se noi vogliamo dare alla Chiesa ciò di cui ha soprattutto bisogno, lo Spirito Santo, dobbiamo essere pronti e fedeli all’appuntamento fissato per il suo vivificante incontro: la vita interiore» (12 ottobre 1966).

E aggiunge:

«Ancora una volta ci chiediamo: di che cosa ha bisogno oggi la Chiesa?

Essa ha bisogno di essere amata. Il bisogno, vorremmo quasi dire il diritto, d’essere riconosciuta per quello che è e che fa per la gloria di Dio e il bene dell’umanità sarà mai soddisfatto?

La Chiesa pellegrina, la Chiesa che soffre ha bisogno di essere amata con fedeltà filiale.

Se dimenticano ciò, i cristiani lasciano vuoto lo spazio che è loro riservato nella Chiesa del Signore. Come vorremmo ritrovarli e sentirli nuovamente vicini i nostri fratelli e figli per amare insieme questa Chiesa, la nostra Chiesa, che sola ci introduce nella pienezza di Cristo» (12 settembre 1973)

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